Nella riunione del 18 maggio 2022 l’assemblea dei
soci dell’AITSaM Nazionale, analizzata la Dgr n. 371 dell’8 aprile 2022 e preso
atto di quanto detto nel corso della presentazione della Deliberazione alla
Commissione regionale Salute Mentale il 27 aprile 2022, esprime le seguenti
considerazioni:
1. Nei suoi interventi presso la Commissione
regionale salute mentale, della quale l’Associazione è stata componente di diritto fin dalla sua costituzione
(Dgr n. 173 del 16 febbraio 2021),
l’AITSaM ha sempre ribadito la sua posizione critica
in merito alla situazione dei servizi psichiatrici della Regione Veneto e alle
sue pesanti conseguenze sugli utenti.
Con l’Appello consegnato all’assessore Manuela
Lanzarin, a conclusione della manifestazione svoltasi a Venezia il 31 marzo, e
con la partecipazione alla manifestazione indetta a Padova dal CoVeSaP il 9
aprile scorso, l’Associazione ha ribadito le richieste che da tempo rivolge
alla Regione. Oltre alla critica sulla mancanza di una visione sistemica
della malattia mentale,
sulla disattenzione alla formazione degli operatori, sullo scarso
coinvolgimento dei familiari nella presa in carico del paziente e nel percorso
di cura, i punti fondamentali su cui si incardina la posizione dell’AITSaM sono
in estrema sintesi:
a) Denuncia della mancanza di risorse assegnate alla Salute Mentale, della costante carenza degli organici necessari in
tutte le figure professionali – medici,
psicologi, tecnici della riabilitazione psichiatrica e assistenti sociali –
e del mancato investimento di risorse dedicate
alla Salute Mentale, con effetti particolarmente gravi in alcune aree territoriali.
b) Opposizione
netta alle lunghe degenze e al modello
della residenzialità, dietro cui, nonostante i frequenti richiami alla
psichiatria di comunità presenti nelle delibere della Giunta regionale, si
scorge la riproposizione della logica
manicomiale: l’ultima, la Dgr n. 1673 del 30 novembre
2018, ha introdotto le RSSP
per i malati “cronici” di età superiore
ai 45 anni, mentre andrebbero previsti efficaci cure tese
alla riabilitazione nelle comunità, l’accompagnamento attivo all’inserimento lavorativo e all’autonomia abitativa per l’emancipazione del paziente in previsione del “dopo di noi”, ossia dopo la scomparsa
del nucleo familiare d’origine.
c) Critica
all’eccessivo ricorso
al privato, imprenditoriale e sociale, per le degenze e per coprire
le carenze dell’organico
nell’ambito della riabilitazione: la scarsa disponibilità di terapie
riabilitative nel territorio si riflette nell’aumento dei ricoveri; la scarsità
delle risorse, d’altro canto, porta a una contrazione degli SPDC pubblici.
d) Giudizio fortemente negativo sulla netta cesura nella presa in carico dell’utente
nel passaggio all’età adulta e
sulla mancanza di misure strutturali
tese alla prevenzione dei disturbi psichiatrici nell’adolescenza, da perseguire
negli ambienti di vita dei giovani, ossia la famiglia e la scuola.
e) Denuncia del ritardo nell’adozione di dispositivi come il budget di salute o,
per quanto riguarda l’inserimento lavorativo, l’insufficienza delle borse
lavoro e dell’applicazione della metodologia IPS, già ampiamente adottati
in atre regioni italiane, finalizzati alla recovery e all’inclusione sociale
del paziente psichiatrico
2. La Dgr n. 371 dell’8 aprile 2022 declina a livello regionale e
relativamente alla salute mentale le misure stabilite dal cosiddetto DM 71,
ossia il decreto ministeriale che impone la riorganizzazione dell’assistenza
sanitaria prevista dal PNRR – Missione 6. Nelle intenzioni dichiarate dal dott. Tommaso
Maniscalco nel corso della riunione di presentazione alla Commissione regionale
Salute Mentale del 27 aprile scorso,
si tratta di una “delibera quadro”: come tale, si limita a enunciare propositi e a tracciare linee di
indirizzo, facendo regolare riferimento a normative già in atto (si definisce
infatti come “percorso di rafforzamento delle azioni già in essere”);
rimanda i documenti
attuativi in tutti gli ambiti elencati a specifici gruppi di lavoro e
tavoli tecnici, elencati nell’Allegato A della stessa deliberazione.
3. L’analisi
della Dgr n. 371 si è concentrata sugli aspetti più strettamente aderenti
ai temi finora oggetto di interesse precipuo da parte
dell’AITSaM, tralasciando un ambito importante come la salute mentale in
carcere, al quale l’Associazione dovrebbe prestare maggiore attenzione in
futuro. Come si rileva dalla tabella comparativa, l’Associazione non può
ritenersi soddisfatta dalle misure annunciate dalla recente Deliberazione: uno
spiraglio alla speranza si apre per quanto riguarda la promessa di un raccordo
tra i servizi psichiatrici dell’adolescenza e quelli degli adulti, ma
l’annunciato reclutamento di psicologi, attingendo a un fondo statale ad hoc, non è strutturale. Manca inoltre
l’esplicito impegno all’ulteriore allocazione nei servizi
psichiatrici di risorse derivanti dal fondo sanitario regionale e si tiene
a precisare che
“In relazione alla
scansione temporale per l'attuazione degli interventi e degli obiettivi che si
intendono perseguire nel prossimo triennio, è opportuno considerare la
complessità degli stessi ed il vincolo con l'attuazione delle riforme previste
dal PNRR, tra cui la definizione di standard nazionali e di risorse, che
potrebbero incidere sul quadro generale rappresentato dal presente
provvedimento.”
Relativamente all’organizzazione dei servizi psichiatrici, il nodo centrale rimane il DSM, al
quale, in virtù del futuro raccordo con la
Neuropsichiatria infantile, il Ser-D e la psichiatria penitenziaria, vengono
affidati ulteriori compiti di coordinamento e monitoraggio senza precisare a
quali risorse attingere. Sorprende
inoltre che tra le figure professionali di cui si annuncia l’assunzione non
figurino gli psichiatri, mentre appare francamente strumentale l’equiparazione
dei ruoli degli educatori e dei TerP.
Per quanto riguarda il paziente e i suoi rapporti con i servizi psichiatrici,
l’unica novità è costituita dal passaggio nella “casa di comunità”: una équipe multiprofessionale, di cui
non si specifica né la composizione né il riferimento istituzionale, lo
esaminerebbe e prenderebbe in carico in caso di patologie lievi, rimandandolo
invece, “ove necessario”, al secondo livello di intervento, ossia il CSM. A
fronte dell’enfasi che la Dgr pone poi sugli interventi domiciliari non è dato
comprendere come e chi dovrebbe farsene carico (l’ennesima équipe
multidisciplinare?). Lascia perplessi anche l’annunciato ricorso alla telemedicina, di cui si attendono ulteriori
precisazioni sia sugli ambiti di applicazione (a partire dall’ambito familiare)
sia sulle risorse impiegate.
La Dgr sembra inoltre
dimenticare la natura complessa della malattia mentale
e la conseguente necessità di
un sostegno permanente teso
a favorire l’autonomia e l’inclusione sociale attraverso l’abitare e il lavoro; si tratta di obiettivi che non è possibile
raggiungere isolando i pazienti dal loro contesto sociale, come accade con le
permanenze nelle CTRP, attualmente carenti sul piano delle terapie
riabilitative. Particolarmente grave appare, a questo proposito, la
riproposizione della Dgr n. 1673/2018 e dei previsti “manicomietti” e l’ampliamento dei posti letto e la proroga della durata delle degenze oggetto della Dgr n.
437/2022. Per quanto riguarda il budget
di salute, previsto, nella Dgr si trova appena
una citazione, doverosa
peraltro se si considera che è previsto
espressamente dal DM 71 in
tutti i casi di elevata complessità con fragilità sociale: la totale
mancanza di autocritica da parte della
Regione per il forte ritardo
nella sua sperimentazione, da un lato, e le risorse necessarie per la sua implementazione,
dall’altro, non danno adito all’ottimismo su un tema tanto cruciale.
Le misure annunciate – riorganizzazione
dei servizi psichiatrici, lavoro in équipe multidisciplinari, adozione di
dispositivi come il budget di salute – impongono di dedicare risorse speciali
alla formazione di tutti gli operatori: preoccupa il debole accenno che si
intravvede nel testo della Dgr n. 371.
Alle associazioni di volontariato, infine,
è riservato “un gruppo di lavoro per la definizione di linee di indirizzo regionali per specifici interventi in co-programmazione e co-progettazione da attuarsi
in sede locale”: l’AITSaM
non si accontenterà e, rivendicando il ruolo che le compete,
chiederà di fare sentire
la propria voce in tutti i tavoli ai quali offrire un contributo valido e,
soprattutto, non darà il proprio avallo a misure che contrastano con la dignità
delle persone alla cui tutela è vincolata dalla sua missione.